Venerdì, 31 Maggio 2013 00:55

Elezioni amministrative. L'astensione tra defezione e protesta

Scritto da  Gerardo

Da Domenico Pizzuti, riceviamo una riflessione, già passata nel suo Pensieri in libertà (n. 56), con elementi interpretativi dell'astensionismo elettorale che ha riguardato l’ultimo voto amministrativo.



VOTO AMMINISTRATIVO: DEFEZIONE E/O PROTESTA
di Domenico Pizzuti

Ho partecipato nei giorni scorsi, nella splendida cornice della sagrestia affrescata dal Vasari nel complesso monumentale di S. Anna dei Lombardi, a un dibattito promosso dai “Movimenti Ecclesiale Intellettuali Cattolici”, sul tema “La fede della città. Politica e bene comune”, un argomento sempre intrigante nel nostro Paese, che attiene il contributo della fede cristiana vissuta storicamente nella confessione cattolica alla vita politica per la realizzazione di un bene comune possibile. Ho apportato nella discussione alcuni argomenti per la ricostruzione o ricostituzione di un’etica pubblica secondo le esigenze non moderate della fede biblica, ad un pubblico di professionisti cattolici attenti ma a prima vista non particolarmente reattivi nei confronti del contributo da dare alla polis neapolitana per la realizzazione del bene comune. Certo non disinteresse, ma neanche entusiasmo, alla vigilia delle elezioni amministrative in Province e comuni, il cui risultato ha registrato nuovamente un calo della partecipazione dei cittadini secondo l’indicatore della partecipazione al voto.

Non si tratta solo di conteggio di percentuali in calo della partecipazione dei cittadini al voto amministrativo, ma dell’ampiezza della prima dimensione nella scala della partecipazione politica, che riguarda la partecipazione al voto nelle tornate elettorali, e secondariamente la manifestazione di interesse generico alla politica, in questa congiuntura politica e culturale. Per un’adeguata interpretazione di questi comportamenti politici dei cittadini, a nostro avviso, l’iterata diminuzione della partecipazione politica con il voto non può essere solo attribuita ad una protesta nei confronti delle perfomances non virtuose della “Casta” anch’esse iterate per non abbandonare privilegi e rendite di posizione, continuamente denunciata dai mass media e da movimenti di protesta come M5S. Non si tratta di un excusatio non petita, ma dell’esigenza di comprendere questo comportamento. Tra parentesi nel c.d. “voto di protesta” non bisogna solo annoverare la non partecipazione al voto amministrativo dei cittadini (33%), ma anche i voti dati alle liste di candidati del Movimento M5S, che - a parte altri argomenti - fa salire a circa il 50% il c.d. “voto di protesta”.

Questo comportamento dei cittadini su un piano interpretativo riveste diversi significati da verificare, certo “protesta” rivolta non solo nei confronti degli apparati governativi e dei partiti, ma della stessa rappresentanza amministrativa (i cacicchi di D’Alema) che sembrava avvicinare la politica ai cittadini. Ma anche “disgusto”, “disinteresse”, “delusione” per mancato adempimento di promesse (un riferimento può essere all’ipotizzato condono edilizio da parte dello stesso governatore della Campania alla vigilia della tornata elettorale), che danno luogo alla più volte richiamata in ballo “disaffezione”, facendo d’ogni un fascio di un fenoneno complesso. Un’altro elemento interpretativo di questo comportamento in esame può derivare dal ricorso alla nota trilogia delle relazioni sociali di A.O. Hirschman “lealtà, uscita, protesta”, comunemente citate come “Exit” e “Voice”, due opzioni di comportamento personale, ma anche due meccanismi di regolazione di sistemi di relazioni. Nella non partecipazione al voto si può intravedere sia una defezione, sia una protesta, che dovrebbe far riflettere tutti coloro che hanno a cuore la partecipazione in un sistema di democrazia che voglia essere matura e non mangiare i suoi figli o meglio se stessa.

Non basta registrare e denunciare “disaffezione” dalla politica di una democrazia malata, ma riflettere ed operare per rimotivare i cittadini all’azione collettiva ed al governo delle città. Ci sembra interessante l’invito alle comunità ecclesiali ma non solo del Documento della CEI “Per un paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno” (21 febbraio 2010) ad adoperarsi “per far sorgere una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile. Bisogna dunque favorire in tutti i modi nuove forme di partecipazione e di cittadinananza attiva, aiutando i giovani ad abbracciare la politica, intesa come servizio al bene comune ed espressione più alta della carità sociale” (n. 11). Così sia!

Napoli, 28 maggio 2013


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